Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono in
questo momento in volo per New Dehli , dopo essere stati convinti ieri in un
colloquio di cinque ore con i vertici diplomatici e delle nostre Forze Armate.
Rinviati di corsa per tornare in tempo utile senza violare i termini del
permesso indiano , come due scolaretti che corrono in classe prima della
campanella.
Rimandati a subire la gogna indiana , nella fossa
dei leoni di un’opinione pubblica indiana inferocita per il tradimento , “The
Italian Job”.
In questa farsesca conclusione della vicenda ecco
che con Napoleonico coraggio ed immortale faccia di bronzo , governo e
diplomazia italiana sventolano davanti ai media un foglietto , poche righe
vergate dal Governo Indiano che dichiara che i due marò “non rischieranno la
pena di morte”. Un vero trionfo.
Il fermo dei nostri marò è iniziato quasi come un
sequestro internazionale di nostri militari in missione da parte di uno Stato
(India) che agisce in palese violazione di tutte le norme internazionali solo
per placare la sua opinione pubblica . Dopo quasi un anno di detenzione ,
facciamo una mossa da ladri di polli spernacchiando chi ci concede fiducia e
dichiarando che non rimanderemo indietro i militari , salvo infine fare una
clamorosa marcia indietro dopo essere
passati dalla parte del torto ed aver perso l’appoggio anche di chi riconosceva
i nostri diritti nella questione (come l’Unione Europea , attraverso Catherine
Ashton).
La decisione di non rimandare in India i due Marò ,
che erano rientrati in Italia grazie ad un lungo permesso per il periodo
elettorale , non solo ha disonorato l’Italia
ma è stato un l’ennesimo esempio ,nel migliore dei casi di approssimazione
politica e professionale , nel peggiore di commistione tra interessi privati e
pubblici.
Come siamo arrivati a questo? Riepiloghiamo:
Con la sentenza della Corte
suprema del 18 gennaio l’ India aveva ribadito la giurisdizione indiana , tolto il caso allo Stato del Kerala in
quanto non competente e paventava la costituzione di un tribunale speciale. Il
tutto in violazione dei più elementari princìpi di Diritto Internazionale e
delle Convenzioni che regolano i rapporti tra Stati.
Bastava a questo punto
elevare la questione di livello e coinvolgere Onu ed Unione Europea ,e
promettere un rigoroso processo in Italia.
Di più : in caso di ulteriore
resistenza indiana l’Italia avrebbe potuto anche rendersi disponibile ad un
arbitrato internazionale deciso da un soggetto terzo. Avendo carte vincenti in
mano sarebbe stata una seccatura ed una perdita ulteriore di tempo , ma la
questione sarebbe stata chiusa onorevolmente.
Invece no. Chiediamo per i
marò il permesso “elettorale” (il
secondo dopo quello natalizio). Astutamente , rendiamo garante un Ambasciatore
, ed infine dieci giorni prima della restituzione dei “prigionieri” rovesciamo
il tavolo e diciamo che non giochiamo più a questo gioco.
Gioco in cui avevamo la
partita vinta a tavolino (prima) ed in cui adesso siamo i Traditori dell’altrui
fiducia , ed abbiamo creato un caso sia nazionale (scatenando l’opposizione
indiana contro il governo) che internazionale.
Facendo passare adesso in
secondo piano il fatto che l’India si è arrogata competenza su un fatto
avvenuto in acque internazionali , e sempre al di fuori dai suoi confini ha
arrestato due militari di un altro paese in missione.
Tutto ciò inoltre è avvenuto in maniera repentina , senza
apparenti consultazioni tra il governo italiano ed i partner europei , con una
mossa a sorpresa del Ministro Terzi.
I casi sono due :Siamo incappati in un clamoroso errore da
principianti della Diplomazia , e non
parrebbe il caso , dato il curriculum di Giulio Terzi da Santagata , ministro
tecnico ma a anche diplomatico di lungo corso ; oppure c’è dell’altro. Giova a
questo proposito l’articolo di Vincenzo Nigro su Repubblica , in cui ,
riportando fonti della Diplomazia ,
scrive che dietro al colpo di mano ci sarebbe lo sfruttamento della vicenda per
acquisire visibilità a fini elettorali :
"Terzi
alla fine si è accodato, ma il suo vero interesse da mesi è un altro: punta
ancora a una candidatura in Parlamento, e siccome crede che le elezioni
arriveranno presto è pronto a usare anche i marò per questo".
Caio Atilio Regolo
secondo la leggenda tornò in Patria , e contro il suo interesse convinse il Senato a non patteggiare con
Cartagine. Onorando la Parola data fece ritorno , fu torturato e giustiziato.
Quella di Attilio
Regolo è probabilmente solo una leggenda , però scalda il cuore , mentre rivedere i nostri militari tornare in India controvoglia a subire detenzioni
ingiuste in un paese che li odia lascia amarezza e rabbia.
Era necessario ? Se chi
ha deciso non mostra prove convincenti dell’opportunità delle decisioni assunte
, allora il dubbio che l’interesse privato abbia avuto il sopravvento si fa solido
.