venerdì 22 marzo 2013

Da Attilio Regolo alla Farsa Indiana



Salvatore Girone e Massimiliano Latorre sono in questo momento in volo per New Dehli , dopo essere stati convinti ieri in un colloquio di cinque ore con i vertici diplomatici e delle nostre Forze Armate. Rinviati di corsa per tornare in tempo utile senza violare i termini del permesso indiano , come due scolaretti che corrono in classe prima della campanella.
Rimandati a subire la gogna indiana , nella fossa dei leoni di un’opinione pubblica indiana inferocita per il tradimento , “The Italian Job”.

In questa farsesca conclusione della vicenda ecco che con Napoleonico coraggio ed immortale faccia di bronzo , governo e diplomazia italiana sventolano davanti ai media un foglietto , poche righe vergate dal Governo Indiano che dichiara che i due marò “non rischieranno la pena di morte”. Un vero trionfo.



Il fermo dei nostri marò è iniziato quasi come un sequestro internazionale di nostri militari in missione da parte di uno Stato (India) che agisce in palese violazione di tutte le norme internazionali solo per placare la sua opinione pubblica . Dopo quasi un anno di detenzione , facciamo una mossa da ladri di polli spernacchiando chi ci concede fiducia e dichiarando che non rimanderemo indietro i militari , salvo infine fare una clamorosa marcia indietro dopo  essere passati dalla parte del torto ed aver perso l’appoggio anche di chi riconosceva i nostri diritti nella questione (come l’Unione Europea , attraverso Catherine Ashton).

La decisione di non rimandare in India i due Marò , che erano rientrati in Italia grazie ad un lungo permesso per il periodo elettorale , non solo ha disonorato l’Italia  ma è stato un l’ennesimo esempio  ,nel migliore dei casi di approssimazione politica e professionale , nel peggiore di commistione tra interessi privati e pubblici.

Come siamo arrivati a questo? Riepiloghiamo:

Con la sentenza della Corte suprema del 18 gennaio l’ India aveva ribadito la giurisdizione indiana  , tolto il caso allo Stato del Kerala in quanto non competente e paventava la costituzione di un tribunale speciale. Il tutto in violazione dei più elementari princìpi di Diritto Internazionale e delle Convenzioni che regolano i rapporti tra Stati.
Bastava a questo punto elevare la questione di livello e coinvolgere Onu ed Unione Europea ,e promettere un rigoroso processo in Italia.
Di più : in caso di ulteriore resistenza indiana l’Italia avrebbe potuto anche rendersi disponibile ad un arbitrato internazionale deciso da un soggetto terzo. Avendo carte vincenti in mano sarebbe stata una seccatura ed una perdita ulteriore di tempo , ma la questione sarebbe stata chiusa onorevolmente.

Invece no. Chiediamo per i marò  il permesso “elettorale” (il secondo dopo quello natalizio). Astutamente , rendiamo garante un Ambasciatore , ed infine dieci giorni prima della restituzione dei “prigionieri” rovesciamo il tavolo e diciamo che non giochiamo più a questo gioco.

Gioco in cui avevamo la partita vinta a tavolino (prima) ed in cui adesso siamo i Traditori dell’altrui fiducia , ed abbiamo creato un caso sia nazionale (scatenando l’opposizione indiana contro il governo) che internazionale.
Facendo passare adesso in secondo piano il fatto che l’India si è arrogata competenza su un fatto avvenuto in acque internazionali , e sempre al di fuori dai suoi confini ha arrestato due militari di un altro paese in missione.

Tutto ciò inoltre è avvenuto in maniera repentina , senza apparenti consultazioni tra il governo italiano ed i partner europei , con una mossa a sorpresa del Ministro Terzi.

I casi sono due :Siamo incappati in un clamoroso errore da principianti della Diplomazia ,  e non parrebbe il caso , dato il curriculum di Giulio Terzi da Santagata , ministro tecnico ma a anche diplomatico di lungo corso ; oppure c’è dell’altro. Giova a questo proposito l’articolo di Vincenzo Nigro su Repubblica , in cui , riportando  fonti della Diplomazia , scrive che dietro al colpo di mano ci sarebbe lo sfruttamento della vicenda per acquisire visibilità a fini elettorali :

"Terzi alla fine si è accodato, ma il suo vero interesse da mesi è un altro: punta ancora a una candidatura in Parlamento, e siccome crede che le elezioni arriveranno presto è pronto a usare anche i marò per questo". 

Caio Atilio Regolo secondo la leggenda tornò in Patria , e contro il suo interesse  convinse il Senato a non patteggiare con Cartagine. Onorando la Parola data fece ritorno , fu torturato e giustiziato.

Quella di Attilio Regolo è probabilmente solo una leggenda , però scalda il cuore , mentre  rivedere i nostri militari tornare  in India controvoglia a subire detenzioni ingiuste in un paese che li odia lascia amarezza e rabbia.

Era necessario ? Se chi ha deciso non mostra prove convincenti dell’opportunità delle decisioni assunte , allora il dubbio che l’interesse privato abbia avuto il sopravvento si fa solido . 

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